Caporetto, dobbiamo ancora rialzarci...


Caporetto, 96 anni fa


La battaglia di Caporetto, venne combattuta durante la prima guerra mondiale tra il Regio Esercito italiano e le forze austro-ungariche e tedesche.Lo scontro, che iniziò il 24 ottobre 1917, rappresenta la più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, tanto che ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta.La sconfitta portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna, che aveva imputato l'esito della battaglia allo scarso coraggio dei suoi soldati, con Armando Diaz.



Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave.I luoghi più significativi dove venne combattuta la battaglia di Caporetto furono l'omonima conca, le valli del Natisone e il massiccio del monte Colovrat.La posizione di Caporetto è particolarmente strategica dato che si trova all'incrocio tra il corso dell'Isonzo e la valle che porta verso la pianura friulana. Durante la Guerra quindi la città funzionò da collegamento tra l'interno del paese e la complessa organizzazione del IV Corpo d'armata.
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L'andamento del conflitto spinse l'Impero tedesco a rivalutare le tattiche difensive e offensive da insegnare ai soldati impiegati al fronte. Riguardo alle seconde, che più interessano lo scenario della disfatta di Caporetto, vennero istituite ed addestrate le cosiddette Sturmpatrouilen, squadre d'assalto formate da 11 uomini che dovevano muoversi con missione di contrattacco; così facendo si affidava l'iniziativa al livello di comando più basso, accollando alte responsabilità ai sottufficiali.
I vertici militari tedeschi capirono inoltre che la vita in trincea era fisicamente e psicologicamente distruttiva per il soldato, così limitarono la presenza delle squadre d'assalto nelle trincee.
Sotto il comando di Cadorna, il Regio Esercito si era notevolmente potenziato passando da un milione a due milioni di uomini. Allo stesso tempo, era più che triplicata l'artiglieria e il numero delle mitragliatrici era aumentato. Tutto questo però non fu seguito da un valido addestramento.
Alle innovazioni tedesche, l'Italia contrapponeva il classico schema offensivo basato su una potente azione delle artiglierie seguita dall'attacco dei fanti. Riguardo alla difesa invece, il Comando Supremo aveva emanato poche direttive nel corso della guerra, riguardanti più che altro l'uso dell'artiglieria.


Un altro elemento caratteristico dell'esercito italiano era la sua eccessiva burocratizzazione: mentre gli ordini tedeschi passavano solo attraverso i comandi di divisione e di battaglione, in Italia si doveva passare per il corpo d'armata, la divisione, la brigata, il reggimento e, infine, per il battaglione.


Alle 2:00 del 24 ottobre 1917 le artiglierie austro-germaniche iniziarono a colpire le posizioni italiane dal monte Rombon all'alta Bainsizza alternando lanci di gas a granate, colpendo in particolare tra Plezzo e l'Isonzo con un gas sconosciuto che decimò i soldati dell'87º Reggimento lì dislocati. Alle 6:00 il tiro cessò dopo aver causato danni modesti, e riprese mezz'ora dopo stavolta contrastato dai cannoni del IV Corpo d'armata, mentre quelli del XXVII, a causa dell'interruzione dei collegamenti dovuta allo spezzarsi dei cavi elettrici sotto il tiro delle granate risultò caotico, impreciso e frammentario. Nel frattempo i fanti di von Below, protetti dalla nebbia, si avvicinarono notevolmente alle posizioni italiane.Metà della 3ª Edelweiss si scontrò con gli alpini del gruppo Rombon che la respinsero, mentre l'altra metà, assieme alla 22ª Schützen, riuscì a superare gli ostacoli nel punto dove era stato lanciato il gas sconosciuto, ma vennero fermate dopo circa 5 km dall'estrema linea difensiva italiana posta a protezione di Saga, dove stazionava la 50ª Divisione del generale Giovanni Arrighi. Alle 18:00 questi, per non vedersi tagliata la via della ritirata, evacuò Saga ripiegando sulla linea monte Guarda - monte Prvi Hum - monte Stol, lasciando sguarnito anche il ponte di Tarnova da dove avrebbero potuto ritirarsi le truppe che verranno accerchiate sul monte Nero. Di tutto questo Arrighi informerà Cavaciocchi solo alle 22:00. Nella mattina intanto non ebbero successo la 55ª e la 50ª Divisione austro-ungarica, arrestate fra l'Isonzo e il monte Sleme.Non riuscirono invece a tenere le posizioni la 46ª Divisione italiana e la brigata Alessandria poste all'immediata sinistra della 50ª Divisione austro-ungarica, e ne approfittò un battaglione bosniaco che subito diresse per Gabria.imp: L'avanzata decisiva che provocò il crollo delle difese italiane fu effettuata dalla 12ª divisione slesiana del generale Arnold Lequis che progredì in poche ore lungo la valle dell'Isonzo praticamente senza essere vista dalle posizione italiane in quota sulle montagne, sbaragliando durante la marcia lungo le due sponde del fiume una serie di reparti italiani colti completamente di sorpresa. L'avanzata dei tedeschi ebbe inizio a San Daniele del Carso, dove cinque battaglioni della 12ª slesiana ebbero facilmente la meglio sui reparti italiani scossi dal bombardamento, e subito iniziò la loro progressione in profondità: alle 10:30 si trovavano a Idresca d'Isonzo dove incontrarono un'inaspettata ma debole resistenza, cinque ore dopo fu raggiunta Caporetto, alle 18:00 Staro Selo e alle 22:30 Robič e Creda.Tra Caporetto e Tolmino nel frattempo la brigata "Arno", arrivata in zona tre giorni prima, stava difendendo il monte Colovrat e le creste circostanti quando contro di loro mosse il battaglione da montagna del Württemberg, assegnato di rinforzo all'Alpenkorps; il tenente Erwin Rommel guidava uno dei tre distaccamenti in cui era stato diviso il suo battaglione. Insieme a 500 uomini, il futuro feldmaresciallo iniziò a scalare le pendici del Colovrat catturando in silenzio centinaia di italiani presi alla sprovvista, mentre per errore la Arno, anziché contro il monte Piatto, venne lanciata verso il Na Gradu-Klabuk, già dal giorno prima saldamente in mano all'Alpenkorps che dovette sostenere gli assalti italiani fino a sera. Tornando a Rommel, i suoi uomini conquistarono senza troppe fatiche il monte Nagnoj, dove presero posizione i cannoni tedeschi che inizieranno a prendere di mira il monte Cucco di Luico, aggirato da Rommel per non perdere tempo e preso nel pomeriggio da truppe dell'Alpenkorps congiunte ad elementi della 26ª Divisione tedesca.Una volta distrutta la brigata Arno, Rommel puntò contro il Matajur dove stazionava la brigata "Salerno" del generale Zoppi, inquadrata nella 62ª Divisione del generale Giuseppe Viora, rimasto ferito e quindi sostituito proprio da Zoppi, che lasciò il suo posto al colonnello Antonicelli. All'alba del 26 ottobre ad Antonicelli giunse l'ordine da un tenente di abbandonare la posizione entro la mattina del 27. Sorpreso per una ritirata ordinata ben un giorno prima, il nuovo capo della Salerno chiese informazioni al portaordini il quale disse che probabilmente si trattava di un errore del comando di divisione, ma Antonicelli volle essere sicuro e obbligò il tenente a ritornare con l'ordine corretto, ma quando questo arrivò a destinazione Rommel nel frattempo aveva circondato il Matajur. Dopo duri scontri, la Salerno si arrese e Rommel chiuse la giornata dopo aver avuto solo sei morti e trenta feriti a fronte dei 9.150 soldati e 81 cannoni italiani catturati.


A questo punto von Below, anziché arrestare la sua offensiva, la prolungò in direzione del fiume Torre, Cividale del Friuli, Udine e la Carnia. Contrariamente alle previsioni del generale tedesco però, l'esercito italiano, anche se in preda al caos, non era in completo sfacelo, e oppose in alcuni punti una valida resistenza


Cadorna, sin dalla mattina del 25 ottobre, passò al vaglio l'idea di ordinare una ritirata generale. L'ordine venne diramato nella serata, ma dopo poco tempo Cadorna ebbe un ripensamento e fece sapere alle truppe di disporsi sulla difensiva nelle posizioni da lui indicate. La maggioranza delle postazioni comunque non tennero e già il 27 ottobre il comandante supremo del Regio Esercito diede disposizioni alla 2ª e 3ª Armata di riparare dietro il Tagliamento, mentre alla 4ª Armata, in linea sul Cadore, disse di spostarsi sulla linea di difesa ad oltranza del Piave. Senza troppi ostacoli davanti, i tedeschi occuparono Cividale del Friuli il 27 ottobre e Udine il giorno dopo )marciando su un ponte che non era stato fatto saltare misero in serio pericolo da nord-ovest la 3ª Armata, che era rimasta troppo a Oriente. I tedeschi comunque si accorsero qualche ora troppo tardi della possibilità di accerchiamento, e così, grazie anche all'inaspettata resistenza di alcune unità italiane, il duca d'Aosta e le sue truppe riuscirono a mettersi in salvo.
la ritirata avvenne in una situazione caotica, caratterizzata da diserzioni e fughe.
ùMentre avveniva tutto questo, a Roma il 30 ottobre si formò il Governo Orlando, che capì che era venuto il momento di sostituire Cadorna, e lo fece in maniera "diplomaticamente" abile:non escluse Cadorna dalla vita militare.


Che colpe aveva Cadorna? ha la colpa di non aver sviluppato una dottrina militare meglio aderente alle necessità della guerra di posizione.E poi venne fatto un uso improprio dell'Artiglieria, non avendo ricevuto un addestramento sufficiente, e nessuna differenza si faceva sul suo uso offensivo e difensivo.


L'esercito italiano riuscì a riprendere il proprio ruolo, ma la vittoria finale della Guerra non bastò a spegnere il rancore per una battaglia purtroppo finita in tragedia.

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