Giornalisti minacciati, Italia 73esima per libertà di stampa


Aumenta il numero dei giornalisti sottoposti a vessazioni e l'Italia precipita al 73° posto nella libertà di stampa

 di Angela Iantosca-ioacquaesapone.it

Si può definire libero un Paese nel quale i giornalisti sono sottopagati e minacciati? È questa una democrazia? È possibile fare informazione in una Italia in cui certi nomi sarebbe meglio non pronunciarli e alcune verità sarebbe opportuno ignorarle?
Secondo Ossigeno per l'Informazione, sono 2200 i giornalisti minacciati negli ultimi otto anni, 506 solo nel 2014, con un aumento del 10% rispetto al 2013. Ma come avvengono le minacce? “Le minacce di morte sono comuni e sono di solito recapitate sotto forma di lettere o simboli, come croci dipinte sulle automobili dei cronisti o proiettili inviati via posta”, spiegano ad Ossigeno. Interessante osservare la distribuzione delle minacce: secondo quanto si legge in “Ma chi me lo fa fare – storie di giornalisti minacciati”, che si riferisce a dati raccolti nel 2012, le aree geografiche italiane più colpite sono la Calabria, la Sicilia, la Campania, il Molise, la Liguria. A seguire l'Emilia Romagna, la Toscana, la Sardegna e la Basilicata.
Tra le organizzazioni più pericolose, la 'ndrangheta, che, secondo Reporter Senza Frontiere è tra i “predatori della libertà di stampa”.

Proprio partendo da questi dati, Ossigeno ha redatto “L'antitesi mafia-informazione”, uno studio presentato alla Commissone antimafia, nel quale si sviluppano alcuni punti importanti: dar vita ad uno sportello unico nazionale per denunciare le minacce rivolte ai giornalisti, codificare i criteri di assegnazione delle scorte, definire un codice di comportamento condiviso dei direttori e degli editori sul modo di integrare la protezione fornita dalle forze dell'ordine e di dare visibilità alle vittime di minacce, sviluppare il giornalismo di squadra per ridurre il rischio dei cronisti che seguono le vicende più delicate, rendere trasparente l'effettivo assetto proprietario dei giornali.
Ma come combattere il fenomeno che Ossigeno monitora dal 2008? «Occorre rompere il silenzio su questo grave fenomeno che – spiega il direttore di Ossigeno, Alberto Spampinato - limitando la circolazione di informazioni importanti per i cittadini, limita la loro partecipazione alla vita democratica. è necessario creare dei deterrenti e punire gli autori delle minacce, che attualmente restano impuniti».

Commenti