I Santi persone come noi!

I Santi? Persone speciali, ma come noi

«Santo è chi vive da figlio di Dio. La santità è per tutti»

Lun 27 Mag 2013 | di Francesco Buda | ioacquaesapone.it



Nel Martirologio Romano, libro liturgico ufficiale della Chiesa cattolica, sono circa 10mila i Santi e i Beati. Ma sono senz'altro «moltissimi di più di quelli che stanno nel calendario, è questa le bella notizia che dobbiamo portare», dice con passione Monsignor Guido Mazzotta, consultore della Congregazione delle cause dei Santi. Solido teologo, è  lui il relatore che ha raccolto le prove sulla santità di Paolo VI, il Papa beatificato lo scorso dicembre, e per la cui canonizzazione c'è grande attesa. Sono processi lunghi, complessi e meticolosi, nei quali cardinali e vescovi usano la massima cautela: «Dobbiamo stare attenti a inganni, abbagli, sentimentalismi», conferma Mons. Mazzotta. Perciò è ancor più avvincente e disarmante sentir dire che la santità è molto più “umana” e alla portata di quel che si pensi, da chi, come lui, è chiamato a consigliare il Pontefice per stabilire se uno era santo oppure no. Gioia, forza, umanità squarciano certi luoghi comuni e visioni “anemiche” di questi uomini e donne. «Santo è chi vive da figlio di Dio», spiega il consultore. E Dio crea ogni bimbo sano, cioè pieno di forze pulite e vigorose, per la vita. Questo si vede nel primo mese di vita della creatura appena concepita, completamente in pace, che si sviluppa con ordine e grazia, con una naturale santità, insita nella creazione del Padre. Un esempio su tutti, la Madonna. Si è mantenuta “bambina”, forte, pulita, figlia di Dio tanto da poterne diventare mamma. «Chi sono i Santi? Sono persone che vivono intimamente la figliolanza divina del Battesimo - ribadisce Mons. Mazzotta -, che vivono insomma da figli di Dio, liberi dalle potenze di questo mondo. Sono persone perfettamente realizzate».   
Lei si occupa di raccogliere le prove per la canonizzazione. Cosa guardate per dichiarare uno Santo?
«Non parte da noi, ma dal sentimento di fede della gente, che capisce, intuisce che una persona è santa. Il punto di partenza è la vox populi, che tecnicamente chiamiamo fama di santità. È un movimento che parte dal basso, questa è la cosa forse più interessante. Tutte le inchieste che si fanno vogliono appurare se quella fama di santità è fondata oppure no. Questo è il nostro lavoro. La canonizzazione non è una cosa formale: si guarda la santità di vita, se ha praticato le virtù teologali – fede, speranza e carità – e le virtù cardinali – prudenza, fortezza, giustizia e temperanza. Se le ha praticate quotidianamente con grande impegno e con grande gioia. Questo è importante – esclama ridendo il Monsignore -: con grande gioia! È bellissimo questo fatto». 
Invece si tende a immaginarseli rinunciatari, un po' tristi e col cilicio... da dove viene questa gioia?
«Dal fatto di avere Dio come Padre. La nostra vera inquietudine nasce dal fatto che non riusciamo davvero a vivere la paternità di Dio, siamo tutti un po' orfani. La bella notizia che possiamo dare è precisamente questa: c'è una grande possibilità di vivere bene, che è quella di vivere cristianamente. Prenda Santa Perpetua: era una donna semplicissima, ma capace di difendere con i denti la sua libertà di coscienza, cosa che nessuno dei più grandi filosofi ha mai fatto. È la prima grande rivendicazione della libertà di coscienza. Lei disse all'imperatore (che vietava di essere cristiani, ndr): “Puoi darmi ordini per la vita esteriore, ma non per quella interiore, non puoi entrare nella mia coscienza”. Platone e Aristotele non erano arrivati a tanto. Chi vive da figlio di Dio innova la storia del mondo. La vita quotidiana vissuta nella fede diventa qualcosa di divino, nel lavoro, nel matrimonio e così via. Santo è chi vive come ha vissuto Gesù, pensa come ha pensato Gesù, sceglie come Lui ha scelto».
Quindi la santità è per tutti?
«Che bello questo! La santità è per tutti, proprio così. Un'idea molto bella del Concilio è che il vero senso delle canonizzazioni sta nel mostrare che la santità è per tutti, non è riservata solo a pochi».
Non è una dunque strano misticismo, privazione o negazione della nostra umanità? 
«No, tutt'altro, si tratta di vivere adeguatamente la vita. Il miracolismo, l'esaltazione di estasi, misticismo e bilocazioni, è un cattivo servizio alla fede, alla verità, alla Chiesa. Le stimmate sono una cosa importante, ma sono una grazia che il Signore concede ai suoi amici, a gente che veramente vuole partecipare alla Passione di Gesù. Santa Caterina da Siena ha avuto le stimmate, ma ha chiesto la grazia che fossero invisibili. Per Padre Pio, ad esempio, non si sono prese a fondamento le stimmate. Non è su queste cose che noi ci basiamo. Il miracolo è un suggello di Dio, ma la santità non è miracolismo. E mistica vuol dire la vita nascosta con Cristo in Dio. Quando il Papa Benedetto ha detto “mi nascondo al mondo” stava dicendo proprio questo: “mi immergo in Dio”. Quindi non c'è da insistere su certi fenomeni».
Perché tanti Santi e Sante canonizzati?
«Per rendere grazie a Dio ed offire degli esempi, degli incoraggiamenti, ci vengono donati per darci una mano: sono uomini e donne come noi e sono riusciti ad essere santi. È la vocazione di ognuno, avere la Carità con cui Gesù è vissuto. Questa è la novità assoluta. E allora perché non possiamo diventare santi anche noi? San Francesco d'Assisi, canonizzato dopo soli due anni (più veloce di tutti, ndr), è grande perché lui quando camminava non predicava, il suo modo di camminare era già una “predica”, così il suo entusiasmo per la bellezza del mondo, l'amore per la pace... non c'era nulla che lo poteva turbare. Desiderava il martirio, ma intuì che non era necessario e che era invece necessario vivere come visse Gesù. Era ricco e si è fatto povero, perché la sua ricchezza era il rapporto personale con Gesù. È un Amore la Chiesa, è un Amore! È un Amore la santità». 
Allora la santità è relazione con Dio prima che devozione?
«Sì, bene, proprio così: relazione con Dio».      

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