Philippe Daverio: un’altra dimensione esiste!

Il noto critico d’arte televisivo si definisce più che altro un antropologo

Gio 27 Mar 2014 | di Giuseppe Stabile - zonastabile@ioacquaesapone.it | Zona Stabile 
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Come aprire i nostri occhi per scorgere ciò che è apparentemente invisibile? L’arte ha sempre aiutato l’uomo in questo affascinante percorso e Philippe Daverio è abilissimo nel risvegliare il fascino della cultura, stimolando la ricerca del sublime. Lo fa attraverso i libri, le conferenze e le sue seguitissime trasmissioni televisive. 
Ma chi è veramente Philippe Daverio?«Io mi ritengo un antropologo più che un critico d’arte. L’antropologia studia molto la memoria della specie che abbiamo quando nasciamo e che spesso la nostra educazione successiva tende a cancellare. Ma riportarla a galla ci fa bene anche dal punto di vista psicologico». 
Quanto è importante l’arte nella nostra esistenza?«Ognuno di noi dovrebbe, sin da bambino, sperimentare direttamente il fascino dell’arte e della sua capacità di coinvolgere pienamente corpo, mente e anima. Attraverso l’arte possiamo risvegliare quello che già i Greci chiamavano un entusiasmo profondo, è un’esperienza bellissima che ci può portare fino a Dio».
La bellezza di un’opera artistica può avvicinarci alla dimensione divina?«Il rapporto esistente tra il bello e il divino è un argomento complesso, nel mio approfondimento mi ha aiutato molto lo studio dei documenti del Papa Emerito Benedetto XVI. Nei suoi scritti ha analizzato il tema della ricerca umana della bellezza e dell’armonia, che ci aprono ad una dimensione spirituale. Attraverso l’arte io sono riuscito ad entrare in contatto con Dio: spero che tutti, anche i non credenti, facciano il tentativo di aprirsi alla bellezza».
Che rapporto hanno i bambini con l’arte?«Sin dalla nascita ognuno nel proprio percorso rivive l’evoluzione di tutta la specie umana: ritengo il bambino una sorta di artista primitivo. Basta osservare come i bambini attraverso il disegno non solo descrivono quello che vivono, ma esprimono pure la bellezza che hanno nell’anima. Nell’età moderna l’uomo ha iniziato a guardare indietro nella storia e nel fondo della propria coscienza. Molti degli artisti moderni hanno realizzato le loro opere esprimendosi in modo paragonabile a quello dei più piccoli». 
Conserva dei ricordi della sua infanzia?«Più si va avanti con l’età e più la memoria dell’infanzia torna confusa, ma significativa. Facciamo fatica a ricordarci come eravamo, ma sarebbe fantastico tornare all’occhio fresco della nostra infanzia: alcuni ricordi rimangono molto forti dentro di noi e vengono a galla soprattutto quando ci relazioniamo con i bimbi. Quando vedevo mio figlio che iniziava a camminare, tenendosi intorno al tavolo con le mani protese in alto, in me tornavano a galla dei lontanissimi ricordi. La nostra memoria è molto potente ed ha sedimentazioni profonde ed inconsce che non sono perse!».
Com’è stata la sua esperienza familiare?«Ho vissuto in una famiglia numerosa ed allargata. Siamo sei fratelli nati dalla mia mamma francese, ma mio padre Napoleone aveva avuto già altri quattro figli da un precedente matrimonio. Sono nato in un paese vicino Basilea (Svizzera - ndr) e quando avevo sedici anni ci siamo trasferiti in Italia: all’inizio fu molto difficile soprattutto per la lingua, ma poi mi iscrissi alla Bocconi di Milano per studiare Economia e Commercio. Non ho raggiunto la laurea, ma fu molto stimolante, anche perché partecipai in prima persona al grande fermento del ’68: oggi sono rammaricato nel vedere i nostri giovani che sembrano accettare passivamente il dominio del profitto senza impegnarsi per fare una rivoluzione!».
Come valuta le sue esperienze televisive?«Sono arrivato casualmente alla tv, ma sono grato per tutte le opportunità che mi sono state offerte. Oggi la comunicazione sta attraversando una fase di enorme trasformazione e democratizzazione, con la nascita di nuovi mezzi di trasmissione e l’esplosione dei social network e del web. Però dobbiamo impegnarci per un cambio rispetto alla comunicazione degli ultimi venti anni dominata dal trash, eliminando banalità e volgarità per confrontarci su temi più circoscritti e verificabili. Ho imparato che la televisione non deve avere necessariamente lo scopo di semplificare, quanto quello di spronare il pubblico ad un viaggio di scoperta».
Cosa pensa dell’invito di Gesù a tornare bambini per trovare la vita?«Per ognuno di noi è necessario compiere un viaggio per ritrovare la purezza della nostra infanzia, di come eravamo quando siamo nati. L’evoluzione e le vicissitudini che sperimentiamo da piccoli sono quello che poi determinano tutta la nostra esistenza successiva, spesso allontanandoci dalla nostra natura iniziale. La psicoanalisi è una grande scoperta dell’umanità moderna, perché, insieme ad altre discipline come l’indagine linguistica e la semiotica, può aiutarci a recuperare le nostre origini. L’invito di Gesù ci permette di essere più coscienti e consapevoli di noi stessi, approfondendo chi siamo e cercando di ritrovare gli strati presenti nelle nostre coscienze». 
Tornare bambini ci aiuta ad aprirci all’amore di Dio?«La fede è un dono e una grazia, non è automatica. Per il bambino, libero dalla razionalità, è molto più semplice aprirsi alla relazione con Dio. I bambini non sono costretti come molti adulti a pensare che le cose devono avere una loro logica, possono permettersi di non sentirsi obbligati ad avere buon senso. Anche per me la fede è molto importante, anche se spesso la vivo in modo complicato».
Cosa significa per lei la Pasqua?«La Pasqua mescola molti elementi, naturali e culturali, partendo dal suo significato di ritorno alla vita pulsante. Gesù con la Pasqua ci offre la scoperta di un nuovo percorso. Per me rappresenta la garanzia che la rinascita è possibile, una possibilità formidabile per chi ha il dono della fede: spero di poterla sperimentare un giorno! Il Signore ci permette di intuire questa possibilità di nascere nuovamente. Al di fuori della razionalità, dobbiamo essere aperti e delicati per sentirne il senso profondo: tutti possiamo passare dall’inconsapevolezza alla grazia del sentire che un altro destino è possibile».
Come conciliare queste aspirazioni spirituali con i problemi di tutti i giorni?«Non esiste solo quello che vediamo o pensiamo, c’è un ulteriore percorso che chiamiamo mistero. È una differente concezione, una dimensione diversa che permette di trasformare anche la nostra quotidianità. Anch’io la cerco e so che è possibile trovarla. Fortunatamente, la fase della ricerca è già particolarmente interessante perché non ci fa sentire limitati all’immagine del tangibile quotidiano: un’altra dimensione esiste! La preghiera è un curioso mantra attraverso il quale si può percepire e sperimentare una dimensione inattesa. Un percorso non facile, ma di esaltazione della nostra parte più profonda».
Quale augurio per il futuro?«Mi auguro che, singolarmente e collettivamente, possiamo ritrovare un po’ di equilibrio, un’armonia quasi cosmica. Vivo questa Pasqua con la speranza di riuscire a comunicare sempre meglio la mia profondità, perché è importante far sapere agli altri che è possibile sentire cose diverse. Questo passa attraverso una volontà divina esterna alla nostra ma alla quale dobbiamo renderci disponibili e collaborativi. Ai lettori di Acqua&Sapone auguro di aprirsi all’ascolto di una dimensione divina e di sperimentare una Pasqua di vera rinascita».          



ANTROPOLOGO E STUDIOSO D’ARTE
Philippe Daverio nasce il 17 ottobre 1949 nella cittadina francese di Mulhouse, da padre italiano e madre alsaziana. Non ancora maggiorenne si trasferisce con la famiglia in Italia frequentando l’Università a Milano dove vive tuttora. Antropologo, oltre che mercante e studioso d’arte, giornalista e scrittore di successo, ha pubblicato molti libri, tra i quali segnaliamo gli ultimi due pubblicati con Rizzoli, “Il museo immaginato” (2012) e il recente “Guardar lontano veder vicino”. Da sempre impegnato in attività sociali e politiche, dal 1993 al 1997 è stato Assessore a Milano nella giunta Formentini, mentre ha recentemente fondato il movimento “Save Italy” per la salvaguardia del patrimonio culturale del nostro Paese. A partire dal 1999 inizia la sua carriera di inviato e conduttore televisivo: tra i suoi programmi più noti citiamo “Passepartout” e “Il Capitale” (entrambe su Rai 3) e il più recente “Emporio Daverio” (Rai 5).

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